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George Weah

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Storia


Fin dall’inizio degli anni ‘80 la storia della Liberia è stata un susseguirsi di attentati, a volte reali a volte solo presunti, che hanno portato a massicce detenzioni ed esecuzioni. In generale può dirsi che due principali filoni di conflitti interni hanno insanguinato la Liberia. Il primo, in qualche modo risoltosi con il colpo di stato del 1980, si è consumato tra gli Americo-Liberiani e la maggioranza delle popolazioni indigene, ed ha visto le famiglie con ascendenze statunitensi pronte a riprendere il proprio posto nella politica, mentre continuavano a detenere anche il potere economico. In questo primo filone si inseriva il piccolo gruppo di ribelli armati capeggiati da Charles Taylor, esponente della stirpe Americo-Liberiana (scappato in Costa d'Avorio qualche anno prima per sottrarsi ad accuse di saccheggio), e che ancora nel dicembre dell'89 invase la Contea di Nimba sfruttando i contrasti già in atto tra la tribù Kran, a cui apparteneva Mr. Doe, capo della Forza Armata di Liberia-Armed Forces of Liberia (AFL), cioè l'iniziale esercito nazionale trasformatosi poi in fazione guerrigliera, e le tribù del nord Gio e Mano. Il secondo filone di conflitti della Liberia si consuma infatti proprio tra gli stessi gruppi etnici indigeni, e si basa sul desiderio, da un lato, di rivendicare antichi risentimenti etnici, e dall'altro, di assicurarsi il potere politico.

I conflitti sono diminuiti nel maggio del '96, consentendo di ripristinare un certo controllo nella città di Monrovia, mentre nell'agosto dello stesso anno è stato firmato ad Abuja (Nigeria) il secondo accordo di pace. Ma i combattimenti e le uccisioni eseguite dai soldati della AFL sono state così violente da condurre la popolazione a supportare proprio Mr. Taylor ed il suo National Patriotic Front of Fileria (NPFL). In pratica, la percepibile voglia di dominazione e la spietata crudeltà del pressante regime del gruppo etnico Kran di Mr. Doe, ha consentito a Mr. Taylor addirittura di vincere, nel luglio '97, le elezioni alla presidenza del Paese con più del 75% dei voti. La gran parte dei consensi da parte del popolo liberiano è stata infatti accordata proprio per paura delle possibili devastanti conseguenze di una eventuale mancata vittoria da parte di Mr Taylor. In ogni caso, la vittoria di Mr Taylor, sostenuta dal National Patriotic Party (NPP), è stata vista dagli osservatori quantomeno come una parziale riasserzione del potere Americo-Liberiano. Ancora alla fine degli anni ‘90 sembrava però che ogni fazione della guerra civile liberiana si fosse abbandonata alla messa in opera di stermini etnici e torture, mentre il perenne conflitto ha creato nuovi focolai di lotte intestine e rivendicazioni inter-etniche che potrebbero in ogni momento far scoppiare ulteriori disordini.

Nell'euforia post-elettorale del 1997 il futuro della Liberia sembrava dipendere dalla capacità del presidente Taylor di creare le necessarie condizioni per una riconciliazione successiva alla guerra civile ed un rinnovamento economico. Ancora nel 1999, a circa due anni dalla sua salita al potere, si constatava invece che una nuova minaccia per la stabilità e la sicurezza montava in Liberia, dal momento che Taylor aveva fino ad allora dimostrato una carenza sia nella volontà che nelle risorse per affrontare le crescenti difficoltà politiche ed economiche, ed allo stesso tempo, era apparso anche incapace di raccogliere le sfide di un ambiente regionale sempre più ostile. La strategia del governo liberiano fino alla fine del 1999 è sembrata infatti orientata semplicemente ad una propaganda dai presupposti viziati, a tutto svantaggio della situazione politico-economica generale del Paese, già aggravata da sette anni di guerra civile.

All'indomani della conquista di Taylor della presidenza, era già opinione comune che semplici misure di accrescimento economico non sarebbero state sufficienti per il popolo. Gli investitori internazionali, la comunità internazionale dei finanziatori, i liberiani rifugiati all'estero e la classe media delle città, erano tutti attenti a constatare se Mr. Taylor fosse riuscito a mettere in pratica ciò che aveva promesso. In particolare restava da vedere se egli sarebbe riuscito a mantenere nella nazione un sistema di diffusa legalità, mentre il clima pacifico delle relazioni con le contrarie forze politiche costituiva la vera sfida per il suo governo. Nel generale fallimento di tali aspettative, gli osservatori hanno continuato inoltre a valutare se i membri della famiglia di Taylor che siedono nel governo, fossero effettivamente competenti o stessero soltanto traendo vantaggi di tipo nepotistico. Come conseguenza si è registrato l’allontanamento dei donatori Occidentali che sono rimasti in attesa di assicurazioni sul fatto che Mr. Taylor fosse realmente convinto circa il ripristino della democrazia.

Un certo sblocco nella situazione generale della Liberia si è cominciato a realizzare invece nel corso del 2000. Infatti, pur restando il potere concentrato nelle mani del presidente Taylor, le crescenti pressioni esercitate sul suo governo per la creazione di sostanziali condizioni che favoriscano una genuina riconciliazione post-bellica e le forti istanze per una concreta ripresa di vigore nell’economia, stavano cominciando a far perdere al National Patriotic Party (NPP) ed allo stesso presidente Taylor anche l’appoggio dei suoi stessi sostenitori.

Alcuni proficui cambiamenti nella gestione politica ed economica del Paese, considerati vitali per la popolarità futura dell’amministrazione, sono così stati implementati tra la fine del ’99 ed il 2000, tanto che ad aprile del 2000 il Fondo Monetario Internazionale ha rilasciato il più completo rapporto sullo stato dell’economia della Liberia dall’inizio della guerra civile nel 1989. Una generale carenza di dati statistici aveva infatti finora impedito di formulare prospettive sull'evoluzione economica del Paese. Invece, sulla base di dati raccolti da un team che ha visitato la Liberia a novembre del 1999, per dare anche l’avvio ad un nuovo dibattito con i funzionari liberiani, il rapporto ha indicato numerosi segni di ripresa nell’economia liberiana. La produzione domestica è infatti fortemente risalita dopo la fine della guerra civile, sebbene rimanga a circa un terzo dei livelli pre-guerra. La crescita del Pil è stimata essere raddoppiata nel 1997 e cresciuta di circa il 25-30% nel 1998, grazie agli incrementi nelle produzioni di cibo e nei raccolti. La crescita è rimasta alta anche nel 1999, stimata intorno al 23%, secondo un trend che tuttavia appare in discesa già nel 2000, con crescita intorno al 15%. Secondo il FMI si stima che il Pil pro capite sia indicativamente compreso tra i 150 ed i 200 US$.

La corsa verso le elezioni legislative e presidenziali del 2003 costituisce oggi la più difficile sfida per il presidente Taylor, per il governo e per la stessa opposizione liberiana, in un generale clima di ribellione, che infiamma soprattutto il nord del Paese, e in vigenza delle sanzioni delle Nazioni Unite.

Il presidente Taylor ha allora cercato di recuperare la sua immagine internazionale. Taylor è stato infatti molto attivo nella recente crisi della Sierra Leone, rispetto alla quale le sue strette relazioni con il Fronte Unito Rivoluzionario-Revolutionary United Front (RUF) della Sierra Leone gli hanno consentito di rivestire la vantaggiosa posizione, allo stesso tempo, di messaggero e di mediatore per conto delle Nazioni Unite. In conseguenza di tali interventi, anche le relazioni con il Fondo Monetario Internazionale e con la Banca Mondiale sono state avviate verso una normalizzazione, sebbene il governo liberiano avrà bisogno nel prossimo futuro non solo di attuare le riforme raccomandate dal FMI, ma anche di rassicurare le organizzazioni dei diritti umani ed i membri del Congresso Statunitense riguardo all’impegno di rispetto dei diritti umani. Anche gli Stati Uniti, ad ogni modo, si sono da ultimo dimostrati inclini ad assistere la Liberia nella sua spinta per lo sviluppo.

Gli ultimi eventi indicano pertanto che il presidente Taylor sembra aver abbandonato la politica di ignorare completamente i finanziatori occidentali ed internazionali in genere, considerato anche che la ricostruzione della Liberia si preannuncia sicuramente costosa, mentre il debito del paese è stimato intorno ai tre miliardi di US$ e il governo è praticamente in bancarotta.

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